Onorevoli Colleghi! - Nell'ultimo quarto di secolo la crescente sensibilità dell'opinione pubblica nei confronti della violenza sulle donne e sui minori si è accompagnata ad alcuni strumenti legislativi pertinenti di prevenzione, contrasto e repressione delle fenomenologie della violenza interpersonale, familiare e nei rapporti affettivi, come pure delle forme pubbliche e private di prevaricazione personale e di discriminazione.
      Questi interventi, a loro volta, hanno fatto emergere la necessità di sviluppare con sempre maggiore attenzione servizi, attività e stili professionali per l'individuazione precoce delle relazioni violente, dei rischi connessi, delle zone d'ombra, delle cause e delle motivazioni sociali che permettono o persino favoriscono il perpetuarsi di atteggiamenti e di comportamenti di violenza fisica, psicologica e relazionale contro le donne e i minori. Infatti, nonostante la riprovazione crescente da parte delle istituzioni, dell'opinione pubblica, dei mezzi di informazione e di comunicazione di massa, siamo di fronte a un duplice scacco: al crescere della riprovazione sociale non diminuiscono le fenomenologie della violenza; al crescere dell'attenzione istituzionale e della specializzazione delle cure rivolte alle vittime di violenza, l'emersione delle fattispecie violente resta tardiva dal punto di vista del loro riconoscimento e lenta dal punto di vista della presa in

 

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carico. In parte lo scacco riflette il passaggio da una situazione di ignoranza o di sottovalutazione dei fenomeni a una consapevolezza cui non corrispondono risposte adeguate. In parte il deficit delle risposte istituzionali dipende dal fatto che le risposte specializzate, sul piano repressivo come su quello della presa in carico delle vittime, scontano alcuni limiti: manca ancora un'adeguata percezione delle ragioni culturali profonde della persistenza delle relazioni violente specie nei rapporti familiari e affettivi; non si sono sviluppati adeguatamente servizi rivolti alle vittime delle violenze che affrontino precocemente e in maniera non segmentata l'esperienza della violenza subìta e che, inoltre, seguano tutto il percorso di reintegrazione personale e sociale della persona che subisce violenza anche accompagnandola attraverso i passaggi istituzionali, necessari, ma a volte difficili e dolorosi, e sostenendola nella ricostruzione di un progetto di vita. Queste osservazioni valgono per le fenomenologie della violenza più presenti all'opinione pubblica (quelle sulle donne e sui minori), come pure per la nuova emergenza della violenza e delle discriminazioni delle persone gay, lesbiche, bisessuali o transessuali (GLBT), ovvero con un diverso orientamento sessuale, che cominciano da pochissimo tempo a ricevere un'attenzione puntuale.
      Fatta questa premessa, va considerato che dall'inizio degli anni '80 per quel che riguarda le donne, e dalla metà dei medesimi anni '80 per quel che riguarda i minori, si sono sviluppate, anche nel nostro Paese, da parte di associazioni, di gruppi di volontariato, di comuni o di altre agenzie a rilevanza pubblica, iniziative di ascolto (a cominciare dalle «help lines»), di prima accoglienza e di intervento precoce, che seguono l'approccio prima descritto, considerando la violenza subìta nella sua complessità, sostenendo la vittima nella ridefinizione del sé e del suo riorientamento del progetto di vita, accompagnandola per tutto il percorso.
      Questo è stato, nel corso di circa un quarto di secolo, il lavoro dei centri antiviolenza e delle case-rifugio delle donne, dei centri antiabuso per minori e, più di recente, dei servizi di counseling per le persone GLBT e per i loro familiari. Tutti questi servizi hanno prodotto nuovi stili professionali e indicato il percorso per la creazione di nuove figure professionali; inoltre si sono sviluppati seguendo approcci tecnici e modelli di intervento tra loro differenti, ma tutti contraddistinti da un'attenzione multidisciplinare, globale e precoce ai comportamenti e alle relazioni violenti nonché dal lavoro di rete a livello territoriale.
      Inoltre, particolarmente i centri antiviolenza promossi da associazioni di donne hanno fatto emergere due aspetti strutturali della violenza contro le donne e i minori: si tratta in maniera assolutamente prevalente di violenza da parte di familiari o di persone vicine alla vittima in senso affettivo o di contiguità personale; si tratta, con altrettanta prevalenza, di violenze perpetrate da parte di uomini nei confronti di donne e di minori.
      Queste evidenze si sono accompagnate a una riflessione sugli aspetti culturali delle disuguaglianze di genere che, anche nelle società democratiche, tendono a riprodurre modelli di relazione tra donne e uomini e profili dell'identità femminile e maschile in cui permane la legittimazione della sopraffazione dei più forti nei confronti dei più deboli: un tipo di distorsione delle relazioni umane che si riverbera anche nella violenza contro le persone GLBT. Perciò le migliori pratiche dei centri antiviolenza e antiabuso assumono le caratteristiche e le distorsioni nelle relazioni di genere come il punto di osservazione cruciale delle dinamiche interpersonali della violenza.
      Nel complesso, l'analisi delle fenomenologie della violenza su donne e su minori ha messo in luce come la carenza di servizi di prima accoglienza, di intervento precoce e di accompagnamento specificatamente orientati alle persone che hanno subìto violenza influisca negativamente sul riconoscimento delle violenze, sul successo della presa in carico e sull'esito degli interventi specializzati.
 

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      In sintesi, la presente proposta di legge nasce dall'esigenza di promuovere lo sviluppo dei centri antiviolenza, nelle loro diverse denominazioni, come servizi di prima accoglienza, di intervento precoce e di accompagnamento nel percorso di reintegrazione delle persone che subiscano violenze. La proposta di legge acquisisce le caratteristiche delle migliori pratiche dei centri antiviolenza e antiabuso sperimentate nell'arco del tempo, indicandone i criteri e le modalità di accreditamento e inserendoli all'interno dell'offerta di livelli essenziali di assistenza a favore delle vittime di violenza, diffusi territorialmente.
      Sono obiettivi prioritari della presente proposta di legge:

          a) istituire su tutto il territorio nazionale centri antiviolenza e case-rifugio, come servizi polifunzionali dedicati specificatamente alla prima accoglienza, all'intervento precoce e all'accompagnamento nel percorso di reintegrazione personale e sociale, in favore delle persone che subiscono violenza nei rapporti familiari, affettivi e interpersonali, nella vita privata come nella sfera pubblica e sui luoghi di lavoro;

          b) dare riconoscimento alle migliori pratiche dei centri antiviolenza e antiabuso nonché alle nuove esperienze di counseling per le persone GLBT, e implementare la loro diffusione mediante una procedura di accreditamento regionale a partire da linee-guida nazionali, nel rispetto dei vincoli posti dal titolo V della parte seconda della Costituzione;

          c) promuovere le migliori esperienze che, nel campo della violenza alle donne, dell'abuso sui minori e della violenza e discriminazione nei confronti delle persone GLBT, stanno sviluppando separatamente servizi di accoglienza che affrontano complessivamente le fenomenologie della violenza, rivolgendosi in maniera opportunamente differente ai diversi soggetti (donne, minori, persone GLBT) ma operando comunemente nella considerazione delle molteplici dimensioni delle relazioni interpersonali violente e delle fenomenologie correlate;

          d) indicare, sia per le finalità di prevenzione dei fenomeni che per il successo dei percorsi dei reintegrazione, nelle disuguaglianze di genere e nei loro correlati culturali un'ancora persistente legittimazione di forme di sopraffazione nei legami interpersonali, e perciò un contesto rilevante a cui dare attenzione per individuare l'originarsi dei comportamenti violenti degli uomini verso le donne e i minori e, in generale, dei più forti verso i più deboli. Indicare, di conseguenza, la necessità di una formazione, capace di riconoscere gli aspetti culturali delle disuguaglianze di genere, per tutto il personale che opera per il contrasto alla violenza contro le donne, i minori e le persone GLBT;

          e) prevedere l'istituzione dei centri antiviolenza di prima accoglienza, con le loro specificazioni, e il loro inserimento nei livelli essenziali delle prestazioni da assicurare alle persone che subiscono violenza;

          f) prevedere programmi e percorsi di riabilitazione specifici per gli autori delle violenze, subordinando alla effettività della partecipazione ad essi la possibilità di sospensione condizionale della pena.

 

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